Londra - "Abbiamo affidato al popolo del Regno Unito la decisione se lasciare l'Ue o restarvi: la scelta (nel referendum del 2016) è stata quella di uscire e io credo sia importante che il governo attui il mandato esattamente in questi termini per non tradire la fiducia nella politica". Lo ha detto Theresa May nel Question Time settimanale alla Camera dei Comuni, rispondendo seccamente alla domanda della deputata laburista Anna McMorrin che le chiedeva un impegno a rinviare la Brexit rispetto alla data del 29 marzo. Netta anche la replica agli indipendentisti scozzesi dell'Snp a proposito del voto coordinato (e non vincolante) con cui i Parlamenti locali di Scozia e Galles hanno invocato a loro volta almeno uno slittamento della Brexit e garanzie contro qualunque ipotesi di divorzio 'no deal'. "Siamo entrati nell'Ue come Regno Unito e come Regno Unito ne usciremo", ha tagliato corto la premier Tory, che in un altro botta e risposta è tornata a invocare l'ok del Parlamento alla ratifica dell'accordo di divorzio dall'Ue destinato a tornare al voto il 12 marzo. Un rinvio della Brexit rispetto alla data fissata del 29 marzo ritenuto ormai "inevitabile" anche da qualche gola profonda del governo, nonostante le insistenze della premier di fronte ai Comuni su un'uscita nei tempi previsti - visto l'esito non certo positivo degli ultimi colloqui del capo negoziatore europeo Michel Barnier con i ministri Stephen Barclay e Geoffrey Cox alla ricerca di quelle rassicurazioni che Londra vorrebbe per superare le opposizioni di Westminster al backstop: la clausola di salvaguardia del confine aperto irlandese.

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Negoziati Barnier-Barclay-Cox, non si trova una soluzione - "Il capo negoziatore della Ue sulla Brexit Michel Barnier ha informato il collegio dei commissari che mentre i negoziati" di ieri sera col ministro per la Brexit Stephen Barclay e il procuratore generale Geoffrey Cox "si sono svolti in un'atmosfera costruttiva, le discussioni sono state difficili. Non è stata identificata una soluzione che sia coerente con l'accordo di divorzio, incluso il protocollo sull'Irlanda del Nord, che non sarà riaperto", ha tagliato corto il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, lasciando sullo sfondo lo spettro di quel 'no deal' che buona parte del business del Regno teme come una prevedibile catastrofe. Ma che secondo l'Interim Economic Outlook dell'Ocse minaccerebbe di far pagare costi pesanti anche ad altre "economie europee".

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