Nessuna nuova stretta sulle spalle dell'automotive europeo. Nella lunga contesa sulla mobilità green il 'fronte della responsabilità' guidato da Roma, Parigi e Praga strappa un punto a suo favore sul regolamento Euro 7 e mantiene in equilibrio l'asticella dei tagli alle emissioni nocive. Per le auto a benzina e diesel i valori resteranno quelli già in vigore con l'Euro 6. E le nuove norme entreranno a regime almeno due anni più tardi rispetto alla scadenza prevista del 2025. Un compromesso - ancora tutto da negoziare con il Parlamento europeo e la Commissione - che fa esultare l'Italia poiché, è la posizione del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde "a una visione finalmente concreta, realistica e pragmatica" su tutta la linea della transizione all'elettrico. Anche su quei bio-carburanti che da mesi Roma reclama per il futuro del suo settore: la loro inclusione non è ancora stata avallata dai Ventisette, ma il principio di "neutralità tecnologica" è sancito.

Dopo aver promesso battaglia ai piani sulle emissioni nocive presentati dall'esecutivo di Ursula von der Leyen sul finire del 2022, gli otto ministri del 'fronte della responsabilità' (accanto a Italia, Francia e Repubblica ceca, anche Bulgaria, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria) si sono ritrovati a Bruxelles per ribadire che quei target sono di fatto "irrealizzabili". E, appoggiando la proposta di compromesso perfezionata dalla presidenza di turno dell'Ue della Spagna, hanno incassato il favore della grande maggioranza delle capitali, con la sola opposizione di Germania, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda e Austria.

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Annacquate le ambizioni di Palazzo Berlaymont, i ministri della Competitività Ue sono decisi a portare avanti alcuni fondamentali nei negoziati futuri: dagli standard Euro 6 - con un limite di emissioni di ossidi di azoto (NOx) di 60 milligrammi per chilometro per le auto a benzina e di 80 mg/km per il diesel - che permangono per tutti i veicoli leggeri di nuova immatricolazione, a valori soltanto "leggermente" più stringenti per i camion. Per introdurre gli inediti target sulle emissioni delle particelle ultrafini più piccole prodotte da freni e pneumatici si aspetterà invece - entro i prossimi due anni - la decisione dell'Onu. E l'entrata in vigore delle nuove norme slitterà da 30 a 60 mesi rispetto alle scadenze del 2025 (per auto e furgoni) e del 2027 (per autocarri e autobus) previste dalla Commissione europea, garantendo più tempo alle aziende per convertirsi alla svolta verde.

Gli orientamenti adottati dai ministri dei Ventisette, nelle parole di Urso, hanno fatto prevalere "la ragione sull'ideologia", portando l'intero dossier "sulla giusta strada" per "coniugare la transizione verso l'elettrico alle esigenze dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese" italiane ed europee, dall'alta gamma tipica della Motor Valley ai produttori di veicoli commerciali come Iveco e Cnh. A conferma, ha rivendicato il ministro, che l'Europa orfana ormai del padre del Green Deal, Frans Timmermans, "si è rimessa sulla carreggiata giusta". Ribaltando quella maggioranza sulla transizione verde che soltanto nel marzo scorso, sul campo dei ministri dell'Ambiente, licenziò in via definitiva lo stop ai motori a diesel e benzina nel 2035. Senza però contare sull'assenso dell'Italia, impegnata a tenere viva la battaglia sui bio-fuel. Al tavolo dei negoziati per arrivare all'accordo finale la disputa sui carburanti sintetici sarà sotto i riflettori. Berlino ha già portato a casa la promessa di Palazzo Berlaymont di un futuro nel quale i motori a carburanti sintetici potranno ancora esistere con l'uso degli e-fuels. Roma invece dovrà ancora trattare. Ma la visione di "neutralità tecnologica", è l'assicurazione di Urso, dovrà comprendere anche "i combustibili biologici, come la scienza ritiene possibile".