Berlino - I risultati finali provvisori delle elezioni tenute ieri in Germania e diffusi dall'Istituto di sondaggi ZDF indicano la Cdu-Csu al 33% (-8,5%); la Spd al 20,5% (-5,2%); la Afd al 12,6% (+7,9%); la Fdp al 10,7% (+5,9%); la Linke al 9,2% (+0,6%), i Verdi all'8,9% (+0,5%). I risultati finali definitivi, come di consueto, verranno pubblicati tra qualche settimana. L'affluenza complessiva si è attestata al 77% (dal 71% della tornata del 2013).

SCOSSA INATTESA - Angela Merkel è chiaramente più debole. I socialdemocratici sono al minimo storico, si può discutere se siano ancora un "Volkspartei", e cioè un grande partito popolare. E per la prima volta dal dopoguerra un partito di destra oltranzista e populista fa il suo ingresso al Bundestag, affermandosi come terza forza del Paese. La scossa violenta arrivata dal voto di oggi rende la Germania obiettivamente più complessa, ma anche più uguale agli altri partner europei. La diga anti-populista e anti-nazionalista non ha retto e sulle cause delle falle che si sono aperte non mancheranno discussioni e polemiche. "Colpa mia? Io sono la cancelliera federale e sono sempre responsabile di quello che accade", si è schermita Merkel. Il terremoto populista non rende però la Germania ingovernabile: starà ora alla responsabilità dei cinque partiti tradizionali, che da tempo provano a metter su un cordone di sicurezza contro la crescita degli estremisti, trovare la quadra per dare vita ad una coalizione in grado di portare avanti per i prossimi quattro anni la locomotiva d'Europa.

COALIZIONI - La discussione sulle coalizioni è cominciata subito dopo la chiusura dei seggi, alla cosiddetta Berliner Runde, un giro di tavolo tra i leader di partito, trasmessa dalla ZDF. Due sono quelle possibili, se non si ricorrerà a una soluzione di minoranza: la Grosse Koalition, che Martin Schulz ha però subito escluso annunciando di andare all'opposizione; e quella non proprio facile detta "Giamaica", cioè l'intesa tra l'Unione, i Verdi (andati meglio del previsto) e liberali.

ADDIO GROSSE KOALITION - La cancelliera non si è lasciata affatto impressionare da uno dei risultati peggiori (il secondo) ottenuti dal 1949 dal suo partito e che le costa anche il fuoco amico della Csu bavarese: "Un risultato molto deludente. Dobbiamo coprire il fianco offerto alla destra con decisioni chiare", ha dichiarato Horst Seehofer. "Avremmo sperato qualcosa di meglio, ma abbiamo il mandato e nessuno costruirà un governo contro di noi", ha replicato Merkel, posizionandosi rapidamente sulla via del quarto mandato di governo. "Non era affatto scontato che dopo 12 anni la Cdu fosse ancora il primo partito", è il suo ragionamento, mentre si dichiara "anche soddisfatta di questo risultato". Ben diverso l'umore di Schulz: "Un giorno amaro, un giorno difficile per la socialdemocrazia", dice parlando alla Willy Brandt Haus, dove i militanti gli hanno comunque tributato un caloroso applauso. Ma anche lui non si è fatto mettere nell'angolo. A sorpresa, ha iniziato subito a fare opposizione. "Siamo un bastione della democrazia, e combatteremo con ogni forza la destra radicale", ha assicurato. "Oggi finisce il lavoro con la Cdu e la Csu, andremo all'opposizione", ha annunciato escludendo una riedizione della Grosse Koalition. Schulz resta "a disposizione" come leader del partito, ma non aspirerà al posto di capogruppo in Parlamento, che potrebbe andare ad una donna.

L'ESTREMA DESTRA IN PARLAMENTO - La clamorosa avanzata dell'Afd semina preoccupazione in tutto il paese: a poche ore dalla chiusura delle urne, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a Berlino contestandoli al grido di 'Nazisti maiali', 'Berlino vi odia'. Il boom dell'ultradestra xenofoba inquieta anche i principali gruppi ebraici tedeschi che esprimono allarme. "Ce l'abbiamo fatta. Siamo entrati in parlamento, e adesso cambieremo il paese", ha affermato il leader dell'AFD Alexander Gauland. Mentre subito dopo, Joerg Meuthen ha tentato di bollare come "campagna elettorale" tutte le accuse ricevute dal partito, che non sarebbe affatto razzista, xenofobo, ma solo una formazione che vuole "occuparsi del paese". Il capo del Congresso ebraico mondiale, Ronald Lauder ha definito l'Afd "un movimento reazionario che ricorda il peggior passato della Germania". La giornata elettorale di oggi vede anche un altro vincitore: Christian Lindner, riuscito nell'impresa di riportare i liberali (usciti dal Bundestag nel 2013 e poi ridotti al 3%) in parlamento con un risultato a due cifre. "Non siamo terzo partito, come avremmo voluto. Ma siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità", ha dichiarato Lindner.

A RISCHIO IL RILANCIO DELL'UE - Il risultato tedesco mette nuovamente a rischio il rilancio dell'Europa e le riforme, a partire da quella dell'eurozona, necessarie per girare pagina dopo la crisi economica e dei migranti, e la Brexit, che hanno colpito l'Ue. La vittoria 'mutilata' di Angela Merkel, più la batosta per i solcialdemocratici dell'ex presidente dell'Europarlamento Martin Schulz, ma soprattutto la temuta avanzata dei populisti di Afd, non fanno che complicare lo scenario per il futuro dell'Ue, e mettere del piombo anziché far ripartire il motore franco-tedesco. C'è infatti preoccupazione e cautela, al di là delle congratulazioni di rito per il quarto mandato della cancelliera, a Bruxelles e nelle capitali europee, insolitamente silenziose o laconiche. A Palazzo Chigi si valutano i risultati, pur ribadendo più che mai la disponibilità a lavorare con Parigi e Berlino al rilancio dell'Ue. Al di là dei leader liberali europei che celebrano il ritorno dell'Fdp, infatti, proprio questo sarà la 'croce e delizia' della probabile nuova coalizione di governo tedesca 'Giamaica' insieme alla Cdu-Csu e ai Verdi. I liberali tedeschi in una campagna elettorale dai toni più anti che pro-Ue, hanno già avvertito che per loro sono "linee rosse" un bilancio per l'eurozona, l'Unione bancaria e più poteri di bilancio a livello Ue. Senza contare l'impatto che avrà sulla linea del futuro governo tedesco la consistente presenza al Bundestag degli estremisti anti-migranti e anti-euro dell'Afd, che ha già fatto esultare i populisti d'Europa, dalla Le Pen a Wilders sino a Salvini. "La Germania resta impegnata per l'idea europea. Ora lavoriamo insieme per riformare l'Europa", ha affermato il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, il primo nonché l'unico finora dei rappresentanti istituzionali dell'Ue a essersi espresso. Solo laconiche bandierine dell'Ue e della Giamaica, in allusione alla probabile coalizione di governo dopo che la Spd di Schulz si è chiamata fuori da una riedizione della 'grosse koalition', sono state la reazione del capo di gabinetto di Juncker, il tedesco vicino alla Merkel Martin Selmayr. Lo stesso leader dei liberali all'Europarlamento Guy Verhofstadt ha sottolineato l'importanza di avere ora in Germania un "governo pro-europeo", mentre il capogruppo dei socialdemocratici Gianni Pittella, preoccupato per l'Afd, ha sottolineato l'impegno per una "Germania ed Europa progressive e tolleranti". La costernazione per il risultato elettorale è quindi palpabile a Bruxelles, soprattutto a confronto con l'elezione di Emmanuel Macron, quando appena qualche minuto dopo i risultati arrivarono in massa le reazioni sollevate di tutta Europa. Il risultato odierno è infatti il peggiore che si potesse realizzare: fuori l'ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, un'avanzata da incubo dell'estrema destra dell'Afd, una vittoria per l'Fdp che non è su posizioni filo-europeistee contro la riforma dell'eurozona, e un crollo della Cdu. Tutto, insomma, tranne che l'auspicato scenario di una Merkel rafforzata e quindi in grado di osare e avanzare sulle riforme dell'Ue, insieme alla Francia, in un rinnovato motore franco-tedesco.

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