Roma - L'economia italiana dà qualche segnale di miglioramento ma lo spettro della povertà continua ancora a minacciare le sorti di un individuo su quattro. Nel 2016, infatti, per quanto il reddito medio equivalente sia tornato ad aumentare, il rischio povertà è salito al 23% (19,6% nel 2006), il massimo storico mai toccato prima. Non solo, anche la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è aumentata e come in passato un'esigua élite di 'Paperoni' da sola continua a detenere una grossa fetta del patrimonio complessivo. E' un'indagine condotta dalla Banca d'Italia su oltre 7.000 nuclei familiari a delineare la panoramica sui bilanci delle famiglie italiane nel 2016.

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Il reddito medio rilevato dall'indagine sul 2016, a prezzi costanti e corretto per confrontare tra loro nuclei familiari di diversa composizione, è cresciuto del 3,5% rispetto a quello dell'indagine precedente del 2014, dopo essere pressoché ininterrottamente caduto dal 2006. È rimasto tuttavia ancora inferiore dell'11% rispetto al picco raggiunto in quell'anno. La crescita è stata sostenuta dall'aumento sia dei redditi unitari da lavoro dipendente sia del numero di percettori. In tutte le principali classi di reddito, è cresciuta la quota di famiglie che nel corso del 2016 sono riusciti a risparmiare e il reddito avrebbe continuato a crescere anche nel corso del 2017.

Al tempo stesso però è aumentata la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, tornata ai livelli di fine anni '90 del secolo scorso. Ed è aumentata anche la quota di individui a rischio di povertà, definiti come coloro che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (soglia fissata a 830 euro al mese circa nel 2016). L'incidenza di questa condizione interessa soprattutto le famiglie giovani, del Mezzogiorno, o degli immigrati: nel caso di questi ultimi, ad esempio, sono a rischio povertà ben il 55% degli individui (contro il 33,9% nel 2006). Ma una crescita consistente si verifica anche al Nord del paese, con il rischio povertà passato dall'8,3% al 15% degli individui. Negli ultimi 10 anni fino al 2016 tale rischio è diminuito solo tra le famiglie con capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni.

Le disuguaglianze spiccano anche per la ricchezza. A fine 2016 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta di 206.000 euro (218.000 nel 2014), ma il valore mediano che separa la metà più povera delle famiglie da quella più ricca, era di gran lunga inferiore, pari a 126.000 euro (dai 138.000 del 2014), come conseguenza della forte asimmetria della distribuzione. Il 30% più povero delle famiglie detiene appena l'1% della ricchezza nazionale, pari a circa 6.500 euro, mentre il 5% delle famiglie più ricche detiene il 30% della ricchezza complessiva, con un patrimonio netto pari a 1,3 milioni di euro. Tra il 2006 e il 2016 la ricchezza netta delle famiglie è diminuita del 5%, quasi interamente per effetto del calo dei prezzi delle case, che costituiscono sempre il grosso del patrimonio degli italiani. A fine 2016, infatti, quasi il 70% delle famiglie italiane possedeva l'abitazione di residenza e circa un quarto di esse aveva anche altri immobili.

 

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