Bruxelles - "Ho visto il video" dei migranti venduti come schiavi in Libia, "ma la realtà è anche peggio del filmato". Il commissario europeo Dimitris Avramopoulos ammette la situazione "drammatica" sul terreno ma avverte che senza l'azione dell'Unione europea e senza "gli sforzi eroici" dell'Italia andrebbe anche peggio. "Ci stiamo impegnando su più fronti per cambiare questa situazione", con corridoi umanitari, con i rimpatri volontari, cercando di garantire dignità e condizioni umane nei centri di accoglienza, attraverso l'assistenza sanitaria per migliaia, ma "è una responsabilità della comunità globale, che stiamo cercando di mobilitare". Quanto all'attacco dell'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohchr) Zeid Raad Al Hussein, che ha criticato in modo aspro il sostegno di Bruxelles e Roma alla guardia costiera libica, Avramopoulos osserva: prima di attaccare "avrebbe fatto meglio" a parlare col suo collega Filippo Grandi, guida dell'Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr), con cui l'Unione ha una collaborazione stabile e consolidata nel Paese africano. Un portavoce spiega: l'intervento della guardia costiera libica è in acque territoriali, senza di loro i migranti morirebbero.

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LA REPLICA ITALIANA E I NUMERI - Il capo della diplomazia italiana Angelino Alfano, invece, ha invitato chi sale in cattedra "a dare più finanziamenti e più supporto organizzativo", mentre il capo del Viminale, Marco Minniti ha respinto le accuse sottolineando che se Unhcr e Oim sono nel Paese "lo si deve al nostro impegno e a quello dell'Europa". Anche il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel è intervenuto a sostegno dell'azione "esemplare" del governo italiano, che ha messo in campo un grande sforzo anche esponendosi anche a critiche. Ma critiche sono arrivate dalle organizzazioni non governative, anche per la situazione di "grave sovraffollamento" dei profughi nei centri di accoglienza delle isole greche.

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In Italia, dall'inizio dell'anno al 5 novembre, sono stati rintracciati 39.634 migranti irregolari, un più 15% rispetto all'analogo periodo del 2016, e ne sono stati allontanati (tra rimpatri e riammissioni nei paesi d'origine) 17.405, il 15,4% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Quanto alle espulsioni per motivi di sicurezza dello Stato, ne sono state fatte 93 dall'inizio dell'anno, il 40% in più rispetto al 2016. Lo ha spiegato il ministro dell'Interno Marco Minniti durante il question time alla Camera ricordando che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha inviato da tempo una circolare alle questure con la quale si chiede di dare "massimo impulso all'attività di rintraccio dei cittadini dei paesi terzi in posizione irregolare, attraverso il controllo del territorio e il conseguente avvio delle procedure di allontanamento, nel rispetto dei diritti degli interessati". Quanto ai Centri di permanenza per i rimpatri - le strutture che hanno sostituito i Cie - il titolare del Viminale ha spiegato che ad oggi ne sono operativi 5 (Bari, Brindisi, Caltanissetta, Torino e Roma) mentre entro fine anno ne aprirà un sesto, a Potenza. Ed inoltre, "Sono state già individuate aree o strutture per attivarne altri 5 in altrettante regioni".

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UE E REINSEDIAMENTI - Ora che i flussi sono scesi del 65% rispetto allo scorso anno, l'Europa guarda all'apertura di strade legali per i profughi, soprattutto quella dei reinsediamenti. Sono già oltre 34.400 (su 50mila) le offerte di 'resettlement' per i richiedenti asilo dai Paesi del Nord e del Corno d'Africa avanzate da 16 Stati dell'Unione in poco più di un mese. E se gli ambasciatori Ue hanno trovato una posizione comune per negoziare su un regolamento europeo per un piano biennale di reinsediamenti, al Parlamento europeo c'è chi si è messo di traverso sul dossier della revisione del regolamento di Dublino, che per l'opposizione di 88 deputati dovrà andare al voto, invece di passare con procedura amministrativa.

A Ginevra, intanto, una delegazione Ue, la presidenza di turno estone, e l'ambasciatore italiano hanno avuto un chiarimento con l'ufficio di Al Hussein. Mentre il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, ha annunciato che una delegazione dell'Eurocamera si recherà in Libia dal 16 al 22 dicembre 2017 per verificare la situazione nel Paese e, in particolare, il rispetto dei diritti fondamentali.

 

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