Bruxelles - Il nuovo Governo italiano partirà con i conti in ordine e senza la spada di Damocle di una procedura per debito eccessivo, almeno non nell'immediato. La Commissione Ue ha deciso di archiviare il 'caso Italia' per il 2017, perché grazie ad una crescita migliore e al rinvio degli aumenti degli stipendi degli statali, la deviazione in quell'anno è rientrata. Ma l'attenzione ora si sposta al 2018: il bilancio è al momento "inadeguato" e Bruxelles vuole riesaminare la situazione con i dati definitivi, cioè nella primavera del 2019. E, per quell'anno, vuole vedere un 'aggiustamento' del deficit strutturale di 0,6%, che in soldoni vale poco più di 10 miliardi di euro. Uno sforzo notevole se si considera che tra il 2017 e il 2018, secondo Bruxelles, l'Italia non è riuscita a fare alcuna correzione.

Nelle 'raccomandazioni' all'Italia non ci sono quindi sorprese sul fronte dei conti pubblici, ma c'è quello che il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis definisce un "messaggio politico chiaro: deve continuare a ridurre il debito pubblico che è il secondo più alto dopo la Grecia". Per questo il commissario agli affari economici Pierre Moscovici sottolinea che quella di oggi "non è la fine della storia": il monitoraggio dei conti italiani prosegue, in attesa che il nuovo Governo consegni il Def aggiornato e poi la legge di stabilità ad ottobre. Con i nuovi interlocutori il commissario auspica "una cooperazione" che sia "basata sul dialogo, la comprensione e la reciprocità". E si augura che il Paese resti sulla traiettoria europea.

Soddisfatto il Tesoro guidato da Pier Carlo Padoan, perché la Commissione "non chiede più" di aggiustare i conti nel corso del 2018, rinviando tutto al 2019, e perché "conferma la validità della strategia del 'sentiero stretto'" proposta dal Governo italiano, che è consistita nel "perseguire migliori tassi di crescita pur mettendo in sicurezza i conti pubblici".

Anche se Bruxelles non vuole ancora commentare le indiscrezioni sul nuovo Governo, ai nuovi vertici italiani fa già arrivare l'elenco delle cose da fare, elencate nelle raccomandazioni che coprono quasi tutti i settori dell'economia e che nelle intenzioni di Bruxelles andrebbero attuate nel 2018-2019. C'è l'invito a tagliare la spesa pensionistica, che è tra le più alte dell'Ue, per creare spazio per altra spesa sociale, tagliando le pensioni alte non coperte dai contributi. C'è la richiesta di spostare il carico fiscale dai fattori produttivi (visto che è ancora tra i più alti della Ue, scoraggiando investimenti e occupazione) verso consumi e proprietà. Sul fronte bancario si chiede di ridurre i crediti deteriorati, sostenere ristrutturazioni e razionalizzazioni degli istituti, attuare la riforma sull'insolvenza, migliorare l'accesso al finanziamento market-based per le imprese. Ampie le raccomandazioni sul fronte del lavoro. Si comincia sottolineando che "le politiche attive del Jobs Act hanno fatto pochi progressi nel 2017" e che "i servizi per l'impiego mancano di personale e monitoraggio". Si prosegue poi con "l'evidenza" che "il tasso di donne che partecipano al mercato del lavoro, anche se in aumento, resta tra i più bassi della Ue" e i bonus bebè "possono non essere efficaci" per aumentare la partecipazione femminile. Inoltre, è anche "improbabile che aumentino il tasso di natalità". E si conclude chiedendo che l'Italia metta in piedi "una strategia complessiva per conciliare famiglia e lavoro". Stesse indicazioni dello scorso anno, poi, su riduzione della durata dei processi, aumento della concorrenza nel settore dei servizi, lotta alla corruzione e all'economia sommersa che rappresenta il 12,9% del Pil.

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