Skopje - Con la firma del 17 giugno scorso di un accordo da tutti definito 'storico', Macedonia e Grecia hanno posto fine dopo 27 anni alla disputa sul nome del Paese ex jugoslavo, che si chiamerà d'ora in avanti 'Repubblica di Macedonia del nord'. L'intesa - ratificata dai rispettivi parlamenti - aspetta ora l'esito in Macedonia di un referendum popolare, fissato per il 30 settembre e, se da una parte elimina il blocco di Atene al cammino di Skopje verso Ue e Nato, dall'altra è tuttavia avversata duramente dalle opposizioni conservatrici e nazionaliste in entrambi i Paesi, dove quotidianamente si registrano manifestazioni di protesta, segnate spesso da incidenti e scontri con la polizia. Il giorno della firma sul versante greco del confine, a Pisoderi, ci sono stati 14 feriti. L'accusa, analoga e speculare, è di aver fatto troppe concessioni all'altra parte. Lo stesso presidente macedone, il conservatore Gjorgje Ivanov, ha detto più volte che non intende firmare la relativa legge di ratifica del parlamento, sostenendo che l'accordo sul nome è anticostituzionale e dannoso per il Paese. Da 27 anni ormai Atene e Skopje si contendono l'uso del nome Macedonia che è anche quello della provincia greca del nord, e che la Grecia ritiene appartenga esclusivamente al patrimonio storico e culturale ellenico.

La cerimonia ufficiale di firma del documento sul nome e su un partenariato strategico fra Skopje e Atene, si è svolta a Psaridis, sul versante greco del lago di Prespa, al confine fra i due Paesi. Un luogo simbolico e che per i macedoni ha anche un significato storico perché legato all'inizio della lotta partigiana di liberazione dal nazifascismo durante la seconda guerra mondiale. Successivamente le due delegazioni si sono spostate in battello a Oteshevo, sulla sponda macedone del lago di Prespa, dove un pranzo ufficiale ha siglato la nuova amicizia greco-macedone. A firmare l'accordo sono stati i due ministri degli esteri, il macedone Nikola Dimitrov e il greco Nikos Kotzias, alla presenza dei premier Zoran Zaev e Alexis Tsipras. Hanno presenziato alla storica firma il mediatore Onu Matthew Nimetz, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, il commissario europeo all'allargamento Johannes Hahn, la rappresentante delle Nazioni Unite Rosemary Di Carlo. "Questo è il nostro appuntamento con la storia", ha detto Tsipras accogliendo il collega Zaev giunto in motoscafo sulla sponda greca del lago. "Con l'accordo sul nome celebriamo la pace" di cui tanto c'è bisogno nei Balcani, ha aggiunto il premier greco. Dello stesso tenore e improntate allo spirito di conciliazione le dichiarazioni di Zaev, che ha sottolineato la necessità di "trarre lezione dalla storia" e "costruire il futuro". La vittoria del Sì al referendum è in effetti una condizione per l'integrazione del Paese nell'Ue e nella Nato. "Assumetevi la responsabilità del futuro e votate per la via della Macedonia Settentrionale nell'Ue e nella Nato. Il giorno del referendum - ha aggiunto - sarà un punto di svolta nella nostra storia: votate liberamente e con orgoglio dite Sì all'Ue e alla sicurezza sotto l'egida della Nato", ha detto successivamente il premier macedone. Mogherini da parte sua ha auspicato che l'accordo possa costituire un modello per le altre controversie in sospeso nei Balcani, sottolineando la validità del dialogo per la soluzione delle dispute.

Soddisfazione anche da parte del ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, che nel congratularsi con Atene e Skopje ha affermato che l'intesa rappresenta "un passo di importanza storica per il rafforzamento della cooperazione regionale, della stabilità e prosperità dell'area e del percorso di integrazione europea dei Balcani occidentali".

Tuttavia, la strada verso la piena attuazione dell'accordo sul nome appare in salita. In Grecia oltre il 70% della popolazione è contrario all'uso del termine 'Macedonia' nel nuovo nome del Paese vicino, che a sua volta è fortemente diviso al suo interno per la strenua opposizione nazionalista ostile all'intesa.

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