Bruxelles - Il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato il 1 giugno 2017 il ritiro degli Stati Uniti dagli impegni previsti nell’Accordo di Parigi, il più importante trattato per un'azione globale di contrasto al riscaldamento climatico, che punta evitare cambiamenti pericolosi riducendo sensibilmente le emissioni di anidride carbonica, uno dei principali e più pericolosi gas serra. “L'accordo negoziato da Obama impone target non realistici per gli Stati Uniti nella riduzione delle emissioni, lasciando invece a paesi quali la Cina un lasciapassare per anni. Gli Stati Uniti sono già alla guida del mondo per la produzione di energia e non hanno bisogno di un accordo negativo che danneggia i lavoratori americani”, ha spiegato la Casa Bianca in un documento.

La procedura per il ritiro formale richiederà 4 anni per essere completata. Gli accordi di Parigi, infatti, prevedono che i paesi che li hanno sottoscritti non possano inviare la loro richiesta di abbandono dell’intesa prima di 3 anni dall’entrata in vigore del protocollo, il 4 novembre 2016. Contando anche il tempo tecnico per il ritiro, si arriva al 2020, a meno che l'amministrazione non decida di lasciare del tutto la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In questo caso, i tempi sarebbero più rapidi, ma gli Stati Uniti sarebbero tagliati fuori dall'intero impegno sul clima. L’accordo, non vincolante, era stato sottoscritto 2 anni fa dalla precedente amministrazione Obama e da altri 195 paesi. Gli Stati Uniti si erano impegnati a ridurre le proprie emissioni del 28% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2015.

La decisione del presidente statunitense ha suscitato un dissenso unanime globale, dall’Europa alla Cina, dall’India alla Russia, passando per il Vaticano. La scelta di Trump ha messo infatti l’America alla stregua di Siria e Nicaragua, unici non partecipanti al mondo all'intesa. La proposta di poter rinegoziare l’accordo, avanzata da Trump subito dopo il ritiro, è stata bocciata da Angela Merkel, Emmanuel Macron e Paolo Gentiloni, rispettivamente i leader politici di Germania, Francia e Italia. "L'accordo non può essere rinegoziato", hanno detto.

Rinnovato sostegno dei Paesi del mondo all'intesa, nessun 'effetto domino'

  • L'Ue ha annunciato di essere pronta a "riempire il vuoto" creato dal voltafaccia americano, disposta a cercare "nuove alleanze". A suo fianco ha trovato la Cina. Nel summit tra Jean-Claude Juncker, Donald Tusk e il premier cinese Li Keqjang si è trovato “un terreno comune per il quale combattere insieme", tra cui proprio la difesa dell'accordo sul clima. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha infatti avvertito che, “senza un'azione comune seria nella lotta al cambiamento climatico”, potrebbero esserci “250 milioni di rifugiati entro il 2050” in quanto questo "sta ridisegnando il nostro pianeta", e la crisi delle migrazioni ne è "collegata". L'Europa "entro il 2030" dovrà quindi "investire 5 miliardi di dollari l'anno per finanziare gli obiettivi di sviluppo sostenibile", ha sottolineato Juncker.
  • Anche la Russia ha deplorato la scelta statunitense. "Trump poteva evitare di uscire dagli accordi perché si tratta di un'intesa di massima e difatti avrebbe potuto cambiare gli obblighi degli Stati Uniti nel quadro degli accordi di Parigi. Però adesso non si può fare un passo indietro, quel che è stato detto è stato detto e bisogna pensare a come vivere adesso, a cosa fare adesso, e non possiamo trascurare questo problema”, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin.
  • L'India, che avrebbe molto da guadagnare con l’energia fossile a buon mercato, resta invece impegnata negli accordi di Parigi nonostante l'uscita degli Usa, ha fatto sapere il premier indiano Narendra Modi. "Non abbiamo diritto di sfruttare la natura, ci stiamo concentrando sulle energie rinnovabili, sole, vento e biomasse. Vogliamo essere una nazione responsabile quando si parla di ambiente", ha aggiunto.
  • Il Regno Unito, anche con la Brexit, resterà impegnato ad attuare l'accordo di Parigi, ha assicurato la premier Theresa May che ha espresso la sua "delusione" direttamente a Trump.
  • La Francia, 'broker' dell'accordo sul clima, ha lanciato il sito "Make our planet great again" su input del presidente Emmanuel Macron, che ha lanciato un appello ambientalista 'rigirando' in chiave ecologica il motto di Trump "Make America great again". Il sito, aperto a tutti, ha tra gli obiettivi quello di informare imprenditori, studiosi e ricercatori Usa per permettere loro di trasferirsi in Francia.
  • Al fianco dell'Ue, anche l'Unione Africana e i paesi dei Caraibi e quelli in via di sviluppo del Pacifico hanno riconfermato l'impegno a mettere in atto gli accordi, limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC.
  • L'accordo di Parigi sul cambiamento climatico "non è perfetto” ma "è necessario per proteggere le generazioni future", e lasciandolo “gli Stati Uniti hanno scelto di mettere in cima alle loro priorità gli interessi delle multinazionali”, ha detto a Bruxelles il presidente della Bolivia, Evo Morales.
  • Il segretario generale dell’Ocse José Angel Gurrìa ha fatto sapere che spera in un ripensamento del governo degli Stati Uniti, invitando inoltre "i paesi, le aziende, le città, gli stati e i cittadini a raddoppiare gli sforzi per lottare contro i cambiamenti climatici, per proteggere le generazioni future minacciate, attraverso un'attuazione ambiziosa dell'accordo di Parigi".
  • Molto dura anche la posizione del Vaticano, dove monsignor Sanchez Sorondo ha parlato di "disastro per l'umanità e per il pianeta" e ha attaccato direttamente Trump per la sua "decisione terribile": "Quello che muove il presidente sono i gruppi petroliferi che lo hanno appoggiato nella campagna elettorale e che hanno influenza su di lui".

Opposizione sul fronte interno Usa alla decisione della Casa Bianca

  • Michael Bloomberg, ex sindaco di New York e inviato speciale dell’Onu per le Città e il Cambiamento climatico, ha promesso di donare 15 milioni di dollari per sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite nella lotta al riscaldamento globale. "Lavoreremo insieme per ridurre le emissioni Usa del 28% al 2025, come avevamo promesso a Parigi", ha detto.
  • “We are still in”: con questa dichiarazione congiunta ("Siamo ancora dentro") con in calce 1.219 firme, 125 sindaci, 9 Stati (California, Connecticut, North Carolina, Oregon, New York, Rhode Island, Virginia, Washington e Hawaii), 900 aziende (tra cui Amazon, Apple, eBay, Facebook, Google, Ikea, Microsoft, Nike, Uber, Unilever) e 180 tra college e università americane hanno deciso di unire le forze e continuare a sostenere l’accordo di Parigi, nonostante la decisine dall’amministrazione Trump.
  • Il governatore della California Jerry Brown ha firmato accordi con il governo centrale cinese e due province per la collaborazione nella lotta ai cambiamenti climatici. Brown ha detto che Cina, Europa e i governatori degli Stati Uniti faranno quanto in loro potere per colmare il vuoto causato dalla decisione del governo federale di rinunciare alla leadership in questo campo. Ribadita l'opposizione alla scelta di Trump anche da parte dell'ex governatore Arnold Schwarzenegger, perché "l'aria non è né conservatrice né democratica, è di tutti".
  • Le Hawaii sono il primo stato Usa a emanare atti legislativi che attuano parte dell'accordo di Parigi. Il governatore David Ige ha infatti approvato una legge per documentare l'innalzamento del livello del mare e per impostare strategie per ridurre emissioni di gas a effetto serra. Anche perchè, ha riferito Ige, proprio le isole stanno subendo in prima persona l'impatto dei cambiamenti climatici: le maree si stanno alzando, la biodiversità è in calo, i coralli stanno sbiancando e aumenta l'erosione delle coste.
  • Il sindaco della capitale americana Washington DC, la democratica Muriel Bowser, ha firmato un’ordinanza che rinnova l'impegno preso dalla città "verso lo storico accordo per ridurre a livello globale delle emissioni", mantenendo il sostegno per l'accordo di Parigi.
  • Il sindaco di Pittsburgh, Bill Peduto, e quello di Parigi, Anne Hidalgo, hanno annunciato sul New York Times la loro alleanza a difesa dell’accordo sul clima.

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