Napoli - Dopo otto anni di negoziati internazionali, il 7 dicembre 2017 l'arte dei pizzaiuoli napoletani è stata proclamata dall'Unesco patrimonio culturale immateriale dell'Umanità con voto unanime espresso a Jeju, in Corea del Sud, quando era notte in Italia. Con grande soddisfazione ne ha dato l'annuncio su Twitter il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina. "Vittoria! - ha scritto il ministro - Identità enogastronomica italiana sempre più tutelata nel mondo". Il Ministero nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania, superando i pregiudizi di quanti vedevano in questa antica arte solo un fenomeno commerciale e non una delle più alte espressioni identitarie della cultura partenopea. Al termine dell'iscrizione della candidatura, l'ambasciatrice italiana all'Unesco, Vincenza Lomonaco, ha ringraziato tutti gli Stati che hanno votato a favore dell'Italia, sottolineando la centralità dell'Italia nel promuovere le tradizioni agroalimentare nel contesto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.  Dal 2014 a sostegno della candidatura si era anche mobilitata anche Coldiretti e la Fondazione Univerde presieduta dall'ex ministro dell'agricoltura e dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. In occasione del Forum Coldiretti a Cernobbio era stata lanciata la campagna #PizzaUnesco accompagnata da una raccolta firme in tutto il mondo riuscita a totalizzare 2 milioni di adesioni.

LA MOTIVAZIONE UNESCO E GLI ALTRI PATRIMONI LEGATI AL CIBO - L'arte dei pizzaiuoli napolitani si va ad aggiungere agli altri patrimoni intangibili legati al cibo già proclamati dall'Unesco, a partire dalla Cucina francese e da quella messicana (nel 2010), seguite dalla Dieta mediterranea e dal Kimchi coreano (2013), e dall'arte dei birrai del Belgio (2016). L'Unesco ha così motivato il riconoscimento partenopeo: "il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l'impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da "palcoscenico" durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un'atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti diventare pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale".

LA SODDISFAZIONE ITALIANA - Subito dopo la proclamazione, in sala è scoppiato un lungo e fragoroso applauso che ha festeggiato il successo italiano a lungo atteso, e molti dei delegati presenti hanno abbracciato i rappresentanti italiani che nella lunga notte del negoziato finale hanno stretto in mano un cornetto napoletano porta fortuna, rosso come tradizione impone. Molto soddisfatto anche l'ex-premier Renzi: "L'arte del pizzaiolo napoletano riconosciuta come patrimonio Unesco - ha scritto su Fb - è un simbolo bellissimo di quello che l'Italia è stata. Ma è simbolo anche di ciò che dovremo essere. La cura per la tradizione, la passione per il cibo, la capacità di farsi rappresentare all'estero dai nostri prodotti sono elementi essenziali del nostro futuro". Dai social è giunto anche l'apprezzamento del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini: "Un riconoscimento per Napoli e l'Italia intera - ha scritto su Twitter - mentre sta per iniziare il 2018 #annodelciboitaliano #PizzaUnesco". Ha 'twittato' soddisfazione anche il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti: "Vince il Made in Italy e l'eccellenza, anche ambientale, da cui nascono gli ingredienti di una pizza inimitabile". La pizza - ha sottolineato Coldiretti - genera in Italia un business di 12 miliardi di euro e impiega almeno 100 mila lavoratori fissi.

L'EFFETTO SULL'OCCUPAZIONE - L'effetto Unesco si è fatto sentire, quindici giorni più tardi, anche sul bilancio della Regione Campania che, nella legge in discussione il 22 dicembre, ha previsto un finanziamento di 300mila euro nei prossimi tre anni per corsi di formazione per pizzaioli. ''Un riconoscimento al buon lavoro fatto in questi ultimi due anni - ha commentato l'assessore regionale alla Formazione, Chiara Marciani - che ha visto per gli oltre mille ragazzi preparati negli enti formativi da noi accreditati, l'accesso immediato al mondo del lavoro. Un rapporto del 100% tra offerta e richiesta che non ha pari in nessun altro settore occupazionale''. ''I nostri corsi - ha spiegato Marciani durante un incontro di auguri di fine anno con i responsabili degli enti - sono riconosciuti dall'Unione europea e i ragazzi che li frequentano, campani ma anche di altre regioni - devono completare il ciclo completo di lezioni di oltre 600 ore''. ''Li prepariamo all'arte della pizza - spiega uno dei formatori - senza tralasciare nulla. La prima lezione? Come si accede il forno e l'ultima come si spegne dopo aver sfornato pizze da veri maestri''

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