Bruxelles - Controlli a campione delle auto già sul mercato, test indipendenti dei servizi tecnici e audit Ue delle motorizzazioni nazionali, oltre alla facoltà di Bruxelles di compiere proprie verifiche, imporre multe fino a 30mila euro per veicolo e ordinare richiami a livello europeo. A due anni dallo scandalo del Dieselgate, il 7 dicembre 2017 è arrivato finalmente il sofferto giro di vite al sistema Ue delle omologazioni auto,emerso come l'anello debole della catena che ha portato alleemissioni diesel 'truccate'. Nonostante le forti pressioni della lobby del settore automotive, che ha cercato di annacquare il più possibile le proposte della Commissione Ue, l'intesa uscita dai negoziati è riuscita a mantenere almeno l'impostazione iniziale di base. Le nuove regole, una volta ricevuto l'ok formale di Consiglio ed Europarlamento, saranno immediatamente applicabili da tutti i Paesi Ue, mentre diventeranno obbligatorie dal primo settembre 2020.

"Accolgo con favore che gli elementi chiave della nostra proposta siano stati mantenuti, inclusa una reale supervisione Ue e poteri di esecuzione", ha dichiarato la commissaria Ue al mercato interno Elzbieta Bienkowska. La proposta iniziale dell'esecutivo comunitario, infatti, è stata 'amputata' della norma che modificava il sistema di remunerazione spezzando il circolo vizioso odierno, ossia che i servizi tecnici che compiono i test sulle auto sono pagati dagli stessi costruttori. Nel dettaglio, le nuove norme di omologazione introducono, oltre ai test ex ante necessari per omologare un modello auto, anche controlli a campione ex post, uno ogni 40mila vetture registrate (al ribasso rispetto a quanto chiesto da Bruxelles), e il 20% di questi controlli dovrà includere anche la verifica delle emissioni. I servizi tecnici che effettuano i test dovranno essere poi costantemente sottoposti ad audit, mentre sia la Commissione che gli altri stati membri potranno contestare la loro designazione in caso di problemi. E le stesse motorizzazione nazionali subiranno audit da parte di Bruxelles.

Cambiano anche i 'poteri' di reazione dei Paesi: in caso di auto non a norma, ognuno potrà prendere misure di salvaguardia senza dover aspettare l'intervento dell'autorità di omologazione come succede oggi. Scatta poi la supervisione Ue: la Commissione potrà fare a sua volta controlli di mercato, ordinare richiami in tutta l'Ue e assegnare sanzioni sino a 30mila per veicolo fuori legge sia ai costruttori che ai laboratori.

IL QUADRO IN ITALIA - Il surplus di emissioni dei veicoli diesel, rispetto a quanto dichiarato dalle case automobilistiche, ha causato in Italia 1.250 morti all'anno. A quantificare le conseguenze del Dieselgate sono l'Istituto meteorologico norvegese e l'istituto internazionale Iiasa, in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters da cui emerge che il nostro Paese è il più colpito di tutta l'Europa. Stando agli esperti, sono 425mila le morti annue riconducibili all'inquinamento dell'aria nei 28 Paesi dell'Unione europea più Norvegia e Svizzera. Poco meno di 10mila decessi sono attribuibili alle emissioni di ossidi di azoto dei motori diesel e, di questi, 4.560 sono collegabili alle emissioni in eccesso rispetto ai limiti dichiarati dai produttori di veicoli.

In base allo studio, l'Italia è il Paese con il più alto numero di morti premature riconducibili alle polveri sottili generate dai veicoli diesel. Si tratta di 2.810 morti all'anno, di cui 1.250 legate al surplus di emissioni rispetto a quanto certificato dalle case automobilistiche nei test di laboratorio. Seguono la Germania, con 960 decessi annui correlati agli ossidi di azoto in eccesso, e la Francia con 680. Sul lato opposto della classifica ci sono Norvegia, Finlandia e Cipro. Il triste primato della Penisola "riflette la situazione molto negativa dell'inquinamento specialmente nel Nord Italia, densamente popolato", spiega l'autore della ricerca, Jan Eiof Jonson dell'Istituto norvegese di meteorologia. Sempre secondo lo studio, se i veicoli diesel avessero avuto emissioni basse come quelli a benzina, si sarebbero potuti evitare i tre quarti dei decessi prematuri, pari a circa 7.500 all'anno in Europa e a 1.920 in Italia.

 

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