Bruxelles - Il via libera alla seconda, "drammaticamente difficile", seconda fase del negoziato per la Brexit è arrivato il 15 dicembre all'ultimo vertice europeo del 2017. Diciotto mesi dopo il referendum voluto e perso da David Cameron e quasi nove dopo la notifica di Londra che ha avviato la Brexit, i Ventisette hanno dato l'annunciato via libera alla fase due del negoziato col governo di Theresa May. Un atto di fiducia, peraltro molto moderata. Tanto che al primo punto delle conclusioni, subito dopo il riconoscimento dei sospirati "sufficienti progressi" nella trattativa sulle tre questioni preliminari (conto economico, diritti dei cittadini e frontiera irlandese) i 27 "sottolineano" che la seconda fase potrà andare avanti "soltanto se tutti gli altri impegni presi nella prima fase saranno rispettati in pieno e fedelmente tradotti in termini legali il più rapidamente possibile".

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Gli europei hanno messo sul tavolo condizioni precise, per procedere nella seconda fase. Che dovrà concludersi tra 10 mesi, per consentire le ratifiche del Parlamento europeo e di Westminster entro la data ultima del 29 marzo 2019. I 27 concedono anche i "circa due anni" di "transizione" richiesti da Londra per ammortizzare le conseguenze della Brexit, ma precisano che fino al 2019 il Regno Unito in quanto membro dovrà attenersi strettamente alle regole Ue (compreso il divieto di aprire trattative commerciali con paesi terzi, di esclusiva competenza europea) e che solo allora, durante la transizione, si discuterà la relazione futura. Quindi almeno fino al 2021 la Gran Bretagna dovrà continuare a rispettare tutte le norme Ue, compresa la competenza della Corte di Giustizia europea, per restare nel mercato unico, accettando anche tutte le quattro libertà (inclusa la libera circolazione che il referendum voleva bloccare).

L'obiettivo di rispettare i tempi e quindi evitare l'incubo (britannico) della Brexit, "drammaticamente difficile" per Tusk, è"molto complicato" per Gentiloni, che lascia anche intravedere una "soluzione norvegese" che per Londra comunque comporterà grandi costi e obblighi "senza essere nella stanza dei bottoni". La soluzione norvegese sarebbe però ben accetta dall'Irlanda, alle prese con il problema tutt'altro che risolto della frontiera con l'Irlanda del Nord. Dublino continuerà ad insistere per avere un confine "senza controlli e barriere" con Belfast e vedrebbe "con favore" la permanenza del Regno Unito nel mercato unico, ha detto il primo ministro irlandese, Leo Varadkar, durante una conferenza stampa al termine del vertice europeo a Bruxelles. "Cerco di difendere le libertà dei cittadini irlandesi di viaggiare e commerciare liberamente", ha sottolineato Varadkar, definendo l'accordo sulla frontiera "una protezione", mentre "Theresa May la chiama l'ultima spiaggia". "Trovare la quadratura del cerchio" tra l'uscita dal mercato unico del Regno Unito e un confine aperto con Belfast "è molto difficile", ha sottolineato. Il primo ministro irlandese ha quindi aperto alla permanenza di Londra nel mercato unico: "Se decidessero di rimanere, da parte nostra sarebbero i benvenuti, ma allo stato attuale delle cose non credo sia la loro posizione". Sul periodo di transizione necessario al momento del divorzio, Varadkar ha ribadito che dovrà essere "limitato" a "due anni, non rinnovabili".

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